Pubblicato da Il Metapapero
E’ difficile immaginare due persone piu’ differenti tra loro come Giorgio Ambrosoli e Giancarlo Siani.
L’uno nato e vissuto nella ricca e ordinata Milano, l’altro nella suburbia napoletana di Torre Annunziata. Il primo quarantenne avvocato di un certo successo, il secondo giovane giornalista precario e abusivo.
Eppure, oggi vedendo quel bellissimo film che e’ Fortapasc, mi sono reso conto che entrambi sono morti perche’ hanno fatto il loro mestiere con rigore, senza superficialita’, senza deflettere, senza accomodamenti, fino in fondo, trovandosi contro uno stato ambiguo e connivente e una criminalita’ feroce.
E se Ambrosoli lo fa, dall’alto della sua esperienza, con la lucida coscienza di chi sa quello che sta facendo, di chi sa in quale verminaio si sta cacciando, Siani invece lo fa con l’incoscienza dei suoi 26 anni, di chi ha tutta la vita davanti e non capisce perche’ invece di fare il giornalista giornalista, debba accomodarsi a fare il giornalista impiegato.
E ho pensato che se questo paese fosse ancora in grado di produrre persone come loro, di estrazione sociale e culturale e geografica cosi’ diversa, eppure uniti inconsapevolmente in un’etica del lavoro, del proprio dovere, direi quasi calvinista, ecco forse questo paese avrebbe ancora un barlume di speranza.
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