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Media Sondaggi al 23 Giugno


Media Sondaggi 23 giuLa prima media sondaggi settimanale estiva porta pessime notizie per il PD. Infatti il partito di Matteo Renzi riporta una decisa discesa rispetto alla settimana scorsa quando aveva già riportato un pessimo risultato e il 33.6% marcato in questa settimana farà sicuramente scattare più di qualche campanello d’allarme dalle parti di Largo del Nazareno anche perché un anno fa, a inizio giugno 2014, il PD raggiungeva il massimo nei sondaggi con un sonante 45%, ma da allora la discesa e’ sembrata tanto ripida quanto ineluttabile.

Buone, anzi direi ottime, le notizie che arrivano invece per il Movimento 5 Stelle. Infatti non solo il 23,2% e’ il loro massimo da un anno da questa parte, ma e’ anche un risultato doppiamente pesante dovuto al ritorno dei suoi elettori al voto. Se infatti, in termini di voti assoluti il PD galleggia intorno a quota 8 milioni, per intendersi i medesimi conquistati da Bersani, nell’ultimo mese invece il partito di Beppe Grillo ha riguadagnato 1 milione di elettori che oltre a contribuire alla robusta crescita nei sondaggi del M5S hanno dato una sostanziale mano all’aumento della percentuale di coloro che si dicono certi di votare un partito, quasi come se all’improvviso la leadership politica del paese sembrasse essere tornata contendibile richiamando al voto incerti e disillusi.

Quanto agli altri partiti il risultato della Lega pare stagnante, in leggero recupero invece quello di Forza Italia, più o meno stabili le altre forze minori.

Da notare anche l’unione delle quattro forze di centrodestra supera decisamente il PD 35% vs 33.6% anche se, in assenza di un listone unitario, al ballottaggio continuerebbero ad andare PD e M5S

Astensione e Voti Assoluti

Il desolante aumento dell’astensionismo in Italia


Votanti Sicuri Quello che vedete qui sopra riportato e’ il grafico dell’andamento della media dei “votanti sicuri” rilevati dai sondaggi nello scorso anno.

In pratica a giugno 2014 più del 60% degli italiani dichiarava che sarebbe sicuramente andato a votare per qualche partito in caso di elezioni politiche, la scorsa settimana questa percentuale e’ crollata al 48%, come ben testimoniano pure le recenti elezioni comunali in Trentino.

In sintesi  al momento la maggioranza degli italiani non ritiene l’azione di nessuna forza politica soddisfacente abbastanza da andarla a votare. Una cosa tutto sommato sconcertante se si pensa che in Italia ci sono almeno 7 partiti politici di rilievo oltre a una miriade imprecisata di partitini.

E’ un dato che i politici, tutti i politici, dovrebbero leggere con molta umiltà, ma che fondamentalmente cade nel propagandistico disinteresse di quasi tutti.

Questa discesa dell’affluenza non e’ ovviamente un fatto recente ma una costante degli ultimi decenni ed e’ frutto a mio parere di 2 fattori. Il primo lo chiamerei la “narrazione adulterata della realtà”, o meglio delle narrazioni, perché ve ne sono parecchie le più importanti delle quali sono, sempre a mio parere, quelle de “la ripresa e’ dietro l’angolo” e i “sono tutti uguali (tranne noi sottinteso)”. Sono narrazioni estremamente deleterie perché la ripresa non arriva mai, o almeno non nella misura in cui ci si aspetta, il che genera delusione,frustrazione, disaffezione e perché spesso e volentieri quelli che si ritengono meno uguali degli altri si dimostrano invece assai simili ai contestati, e di nuovo si cade nel circolo delusione, frustrazione, disaffezione.

Il secondo fattore e’ invece legato alla reale possibilità di elettori e simpatizzanti di intervenire in maniera efficace e non estemporanea sulle scelte della politica e dei partiti.  Esemplare credo sia la vicenda dei referendum: usati fino agli anni 90 con qualche successo per modificare alcune scelte di fondo della politica come aborto, divorzio, nucleare, legge elettorale una volta che si e’ capito che la politica aggirava le scelte più scomode, ad esempio sul finanziamento pubblico, hanno avuto sempre meno elettori, peraltro spinti da sciagurate scelte tattiche contingenti a non partecipare,  e sono oramai diventati uno strumento inutilizzabile, se non per motivi di pura propaganda politica, anche a fronte di un uso direi parossistico degli stessi.

A questo si aggiunge un’assoluta mancanza di elaborazione politica bottom-up all’interno dei partiti, dove al massimo si e’ chiamati a schierarsi su politiche proposte, se non imposte, dall’alto.

Il risultato finale e’ che ci si trova di fronte a tante minoranze da stadio che si urlano vicendevolmente slogan vuoti nel disinteresse della gran parte della popolazione e non e’ un caso che le urne si svuotino come gli stadi.

Ovviamente la tendenza all’aumento dell’astensione e’ storicamente ben presente in tutte le democrazie occidentali, e da molti viene accettata come naturale evoluzione della partecipazione politica, con a volte il sottinteso non detto che e’ meglio che votino in pochi poiché le masse sono facilmente influenzabili e manipolabili.

Ma francamente, anche se queste osservazioni hanno un fondo di verità, mi pare sempre più pericoloso affidare la nostra democrazia a minoranze agguerrite e altrettanto manipolabili delle masse o persino diretta espressione anche di piccoli grumi di potere.

Gli esempi sono sotto i nostri occhi e non mi va di elencarli.

Cio’ premesso che fare? Sicuramente il primo passo e’ ricostruire la relazione tra partiti ed elettori, ma certamente non in modo plebiscitario come referendum online o primarie gonfiate. Piuttosto occorrerebbe ricostruire veri micro-luoghi di dibattito e di decisione, con strutture e regole chiare non aggirabili.

E poi ovviamente occorrerebbe ritornare a fare politica, nel senso di capacita’ di discussione, elaborazione e sintesi tra le diverse opinioni, cosa che paradossalmente pare non piaccia molto al nostro ceto politico che oscilla tra un leaderismo autoreferenziale e muscolare e una gestione claustrale del potere tra cene, caminetti e segrete stanze, riuscendo spesso anche nel miracolo di fare le due cose contemporaneamente