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La malascuola


Il Blog Di Giuseppe Aragno

I numeri anzitutto: 30.000 operatori fermi (stipendio medio 76mila dollari l’anno), 350-400 mila alunni senza docenti dall’asilo alla high school, 700 scuole chiuse, 114 a orario ridotto: niente scuola a Chicago per sette giorni. Insegnanti in sciopero generale.
Non ce l’hanno detto perché nelle colonie vige il coprifuoco, ma nell’eden della valutazione i docenti hanno bocciato il sindacato – la Chicago Teachers Union – e rifiutato accordi penosi che qui da noi diventano dono della provvidenza. Il bello è che nessuno s’è scandalizzato, neanche i genitori, per i quali lo sciopero è stato una mazzata. Il sogno americano produce incubi e fuori dalle scuole non c’è ragazzo che non rischi di trovarsi nei guai. Senza puntare l’indice, i genitori si sono organizzati e se non s’è trovato dove mandarli, se ne sono stati a casa con i figli.
Intendiamoci, non è stato un gioco e sul fuoco s’è soffiato:…

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La chiamata diretta e il concorso riformista


Ieri il ministro Profumo ha annunciato di voler indire un nuovo concorso per il reclutamento degli insegnanti nella scuola pubblica. La cosa non e’ piaciuta al mio amico digitale Marco Campione che, da fan della chiamata diretta, cioè della possibilità per i presidi di scegliersi liberamente gli insegnanti della scuola, ha invocato almeno un concorso riformista.

A me invece la chiamata diretta degli insegnanti non piace perche’ , a mio parere, non risolve in maniera non dico definitiva ma neanche in maniera apprezzabilmente diversa  dal concorso, il problema della qualita’ degli insegnanti e inoltre introduce un elevato livello di arbitrio non bilanciato da nessuna assunzione di responsabilita’.

L’idea di base della chiamata diretta e’ abbastanza accattivante: il preside sceglie i migliori insegnanti, evita gli scansafatiche o i pessimi didatti, e tutti vivono felici e contenti.

La cosa sembra semplice in realtà la chiamata diretta non assicura, de facto, di evitare scansafatiche e pessimi didatti. Chiunque infatti abbia avuto a che fare con le imprese private sa benissimo che un 5-10% degli impiegati – sono dati empirici- ricadono nelle suddette categorie: scansafatiche e negligenti. Poco importa siano stati tutti assunti stati assunti per chiamata diretta, qualche volta il selezionatore sbaglia, qualche altra volta il dipendente perde motivazioni, diciamo cosi’.

Passiamo poi ad un secondo aspetto della questione. La chiamata diretta si basa su tre fattori piu’ o meno ignorati da quelli che la richiedono : la domanda di insegnanti, adesso in regressione,  l’offerta dei medesimi e ciò’ che offrono le scuole medesime agli insegnanti.

Attualmente  a causa della crisi e di venti anni di assenza di serie politiche scolastiche, tranne qualche breve eccezione, ci troviamo di fronte ad un surplus di domada (precari) a fronte di un restringimento dell’offerta (posti disponibili dopo tagli gelminiani e aumento dell’eta’ pensionabile). In queste condizioni per un preside e’ abbastanza facile scegliere “i migliori”, qualunque cosa questo significhi, visto che pur di lavorare i candidati sono disposti persino a trasferirsi  a centinaia o migliaia di chilometri, pur di avere uno stipendio quasi dignitoso.

Finita la crisi pero’ i candidati migliori magari saranno magari attratti da altre offerte piu’ remunerative, magari non in ambito scolastico, o  magari scegliersi la scuola che più gli aggrada come già fanno con le graduatorie e i presidi saranno costretti a prendere il primo che passa, come del resto già fanno quando le graduatorie si esauriscono e nessuno e’ disponibile a farsi 100km al giorno per uno spezzone di 6 ore per 4 mesi.

Infatti  se io in un momento di espansione del mio settore mi sono mosso di 800 km per un posto di lavoro con un salario superiore del 40% di quello precedente, perché mai un bravo insegnante si dovrebbe muovere anche solo di 50 km per andare ad insegnare fuori provincia a parità di stipendio? La realta’ e’ che, finita la crisi, la chiamata diretta permetterà, non di scegliere i migliori, ma solo di accaparrarsi quelli disponibili a insegnare in quella scuola e, credetemi, non tutti lo sono a prescindere. Questo vale per le scuole dei paesini di montagna, delle isole, ma anche di alcuni istituti delle grandi città.  Tale quale, ripeto, quello che succede con le graduatorie odierne dove e’ il precario a scegliersi, bene o male, dove andare se ha abbastanza anni di esperienza.

E comunque la chiamata diretta implica necessariamente una responsabilità diretta. Se io infatti non rischio in proprio, ma per conto di una entità astratta quale lo Stato che impegno a pagare per 20/30 anni uno stipendio a una persona scelta da me,  non ho alcuna pressione a scegliere i candidati migliori, se non la legge morale dentro di me. E si sa che la carne e’ debole.

Aggiungo poi due notazioni personali. Quando sono stato assunto la prima volta, in una grossa multinazionale americana, ho dovuto superare un concorso! prima c’e’ stato un test attitudinale, fatto da letteralmente migliaia di candidati, poi, una volta superato il primo taglio, siamo rimasti in quaranta ad affrontare un corso di 3 mesi in 3 moduli, alla fine di ognuno dei quali qualcuno era scartato. Alla fine siamo rimasti in dodici. Un bel gruppo, di gente motivata e, lasciatemelo dire, in gamba.

Quando ho cambiato lavoro, viceversa, sono stato chiamato direttamente, dopo invio del curriculum. Dopo qualche anno mi son ritrovato a gestire progetti su team virtuali. Cioe’ il mio capo mi assegnava obiettivi e risorse, cioè uomini, per completare il progetto. Non ho mai potuto scegliere a mio piacere chi chiamare al lavorare nel progetto. Se mi andava bene riuscivo ad ottenere che facessero qualche training sulle nuove tecnologie. Eppure non ne ho mai fallito uno, almeno finora.

Ergo, la mia esperienza mi dice che  con i concorsi si possono benissimo selezionare ottimi candidati, e con persone non scelte da te sei sempre in grado di centrare gli obiettivi che ti sono stati prefissati.

Tutto questo per dire che, se il problema e’ quello della qualità degli insegnanti, la chiamata diretta, fatta oltretutto da gente poi che accede alla posizione dirigenziale per concorso!, non risolve necessariamente il problema, anzi può aggravarlo.

L’unico modo per migliorare la qualità dell’insegnamento e’, in primis, motivare l’insegnante, economicamente e socialmente, in secundis la formazione continua.

Le scorciatoie, insomma, non esistono.