Archivi Blog
Chi ha vinto e chi ha perso le elezioni regionali del 2015
Posatasi la polvere delle polemiche e dei dati strattonati un po’ da tutte le parti vale la pena verificare chi ha effettivamente vinto o perso a questo giro. Per farlo usero’ lo specchietto dei dati fornito dal Sole 24 Ore, che mi e’ sembrato il migliore tra tutti quelli in giro.
Cominciamo dal Movimento 5 Stelle. Avevo detto che sarebbe stata una vittoria se avessero ottenuto risultati in linea coi sondaggi nazionali e se avessero almeno insidiato qualche vincitore. I dati di riferimento erano Campania 22%, Liguria 25%, Marche 24%, Puglia 24%, Toscana 16%, Veneto 14%, Umbria 19%. Invece hanno ottenuto in Campania il 17%, in Liguria il 22,3%, nelle Marche il 18,9%, in Umbria il 14,5%, in Puglia il 16,3% , in Toscana il 15,3%, in Veneto il 10,4%, quasi tutti risultati ampiamente sotto le aspettative e in alcuni casi men che mediocri risultando assolutamente incapaci di incidere anche nelle situazioni dove teoricamente avrebbero potuto sfondare insinuandosi tra le difficoltà dei partiti tradizionali, in primis il PD. Da questo punto di vista veramente pessima la performance della Ciarambino in Campania, migliore quella della Salvatore in Liguria ma alla fine l’impressione e’ che il Movimento continui a essere sovrastimato nei sondaggi, specialmente quelli locali, mentre il calo di elettori e’ sensibile e preoccupante (-900mila in un anno)
Insomma ennesima occasione mancata ed ennesima sconfitta.
Forza Italia invece s’e’ fermata a un passo dal baratro: la vittoria di Toti in Liguria, il buon risultato di Ricci in Umbria, la sconfitta di Caldoro di misura in campania dovuta alla fin fine solo al “tradimento” dell’UDC demitiana danno un minimo di fiato a un partito che sebbene in un anno perda 800mila voti rimane per un incollatura ancora il primo partito del centrodestra. Certo e’ difficile immaginare ruoli da protagonista per Silvio Berlusconi ma probabilmente puo’ ancora giocarsi un ruolo di padre nobile, di mediatore tra le varie anime del centrodestra che prima o poi si dovranno riunire se vogliono contendere il governo del paese al PD di Matteo Renzi. Insomma una sconfitta meno amara di quello che si poteva immaginare solo un mese fa.
Chi vince chiaramente e’ invece la Lega Nord: facile riconferma di Zaia, in Toscana vola al 16% mentre in Liguria sfonda quota 20%, il tutto incrementando in maniera sostanziale (+300mila) i voti di un anno fa alle Europee
Riguardo al Partito Democratico la conquista di 5 governatori e’ invece un risultato problematico specie per come e’ maturata. La sconfitta della Paita nella rossa liguria e’ un brutto colpo solo parzialmente compensato dalla vittoria ottenuta in Campania col passo del gambero, De Luca infatti perde 300mila voti rispetto al 2010, e solo grazie alla transumanza dell’UDC dal centrodestra al centrosinistra. Vittoria che peraltro porterà parecchi grattacapi a livello di immagine al premier alle prese con la difficile questione dell’eleggibilità dell’ex-sindaco di Salerno. Qualora infatti la Corte Costituzionale dovesse confermare la sospensione per DeLuca si dovrebbe tornare alle urne in una situazione chiaramente disastrata per il PD.Il risultato ligure fa parecchio male. Nel 2010 Burlando conquisto’ la guida della regione con 424mila voti mentre la Paita ne totalizza meno della’ meta’, circa 182mila e quindi a poco serve lamentarsi contro la concorrenza a sinistra di Pastorino, questi infatti ha preso solo 69mila voti, e alla Paita sarebbe bastato prendere anche meno della meta’ dei voti degli astenuti di sinistra, circa 180mila, per avere ragione di Toti. Ma evidentemente la candidatura della Paita e i modi cui si e’ giunti alla medesima candidatura erano tali da allontanare il tradizionale elettorato di centrosinistra senza peraltro intercettare alcun voto a destra. A questo si aggiunge il pessimo risultato della renzianissima Moretti in Veneto, capace di raccogliere percentuali persino inferiori a quelle gia’ esangui del centrosinistra Veneto. Non e’ facile valutare il risultato del PD a causa delle svariate liste civiche a contorno, certo se si fa il raffronto con le passate elezioni nel 2010 il paragone e’ impietoso: una percentuale inferiore e 500mila voti in meno. Insomma se Renzi e la sua segreteria si vogliono incaponire a parlare di vittoria e’ di certo una vittoria di Pirro, molto pericolosa perché’ nasconde i problemi del maggiore partito del paese.
Un’ultima notarella su Pastorino e su Possibile. Il sindaco di Bogliasco sfiora quota 10% che era quello che gli avevo dato come asticella della vittoria. Molto peggio fanno le liste dietro di lui che si fermano a un mediocre 6%. Insomma Pastorino intercetta un discreto voto disgiunto, di opinione. Questo voto di opinione basterà a far si che il nuovo partito di Civati abbia una dimensione che vada oltre la testimonianza? Il risultato e’ interlocutorio, un certo spazio pare esserci, ma sara’ un percorso difficile.
Infine questo weekend occorre dare un occhio a Venezia, Mantova e Enna dove c’e’ un ballottaggio classico csx-cdx dove i pentastellati saranno l’ago della bilancia, Gela dove c’e’ lo scontro tra l’erede di Crocetta e il candidato pentastellato che ha ricevuto l’appoggio del Nuovo Centro Destra di Alfano e infine Quarto, grosso comune vicino Napoli, dove il suicidio di PD e PDL eliminati dalle elezioni per irregolarità sulle firme apposte sulle loro liste, ha spalancato le porte alla possibile prima affermazione di un candidato a 5 stelle in Campania
Chi vincerà e chi perderà le Elezioni Regionali del 2015
Domenica 31 maggio si voterà in 7 regioni (Veneto, Campania, Liguria, Toscana, Marche, Umbria e Puglia) per l’elezione di Presidenti e Consigli Regionali. L’evento porterà alle urne all’incirca il 37% del corpo elettorale costituendo certamente un evento importante nella vita politica del paese. Infatti, al giro di boa di una legislatura tormentata e sicuramente di snodo nelle vicende politiche italiane e che potrebbe sancire il passaggio dalla II alla III repubblica e sebbene si tratti di elezioni locali, alcune delle quali dall’esito apparentemente scontato come le vittorie del PD nel cosiddetto “triangolo rosso” Toscana/Umbria/Marche o la riconferma del leghista Zaia a Presidente del Veneto, tuttavia non mancano gli elementi di incertezza, anche a sorpresa, come la sfida ligure Paita-Toti e quella campana Caldoro-DeLuca, oltre a elementi che avranno ripercussioni abbastanza profonde nel medio periodo, e mi riferisco ai risultati dei quattro partiti maggiori, PD, Lega, Movimento 5 Stelle e Forza Italia.
Un test quindi di una certa rilevanza che pero’ rischia di consumarsi in un momento di forte stanchezza del corpo elettorale che in questi ultimi anni ha precipitosamente abbandonato le urne per rifugiarsi nell’astensione, tra frustrazione e disincanto.
Il risultato quindi dovrà essere letto in controluce, aldilà della semplice sommatoria di regioni vinte o perse.
Per fare un po’ di ordine forse conviene definire all’inizio quali sono le asticelle della vittoria per le singole forze politiche.
Movimento 5 Stelle
Le chanche per il movimento di Beppe Grillo di mettere il cappello su qualche regione sono al momento minime. Con il prevedibile calo dell’affluenza la Ciarambino in Campania e Salvatore in Liguria potrebbero tentare un exploit nelle rispettive regioni, approfittando dei problemi giudiziari e non di Caldoro e DeLuca e della scissione civatiana che pare aver notevolmente indebolito la candidata sostenuta da Renzi, quella Raffaella Paita la cui discussa vittoria alle primarie aveva gia’ causato la fuoriuscita da PD di un nome del calibro di Cofferati. In caso di vittoria in una delle 2 regioni il Movimento avrebbe indubbiamente raggiunto una grande risultato, ma più ragionevolmente potremmo considerare come asticella della vittoria la conferma a livello locale dei risultati che il Movimento spunterebbe a livello nazionale secondo i sondaggi, a dimostrazione di un certo radicamento sul territorio che finora a livello locale e’ sempre clamorosamente mancato. Ergo per dichiararsi vincitore il Movimento dovrà almeno raggiungere i seguenti risultati, proiezioni locali dei sondaggi nazionali:
Campania 22%, Liguria 25%, Marche 24%, Puglia 24%, Toscana 16%, Veneto 14%, Umbria 19%
Al disotto di questi dati si confermerà la finora cronica incapacità di incidere e di strutturarsi a livello locale che rende effimero ogni risultato raggiunto sul piano nazionale.
Forza Italia
Il partito di Silvio Berlusconi e’ in forte, fortissima crisi. Spaccato in Puglia, fagocitato al nord dall’arrembante Lega di Salvini, insignificante già da prima nelle regioni rosse. Gli rimane un’unica bandierina da piantare: Stefano Caldoro in Campania. Fosse ammainata pure quella il “cupio dissolvi” di un partito che nel 2008 aveva il 37% dei voti sarebbe definitivo. Tuttavia arrivato sull’orlo del baratro potrebbe ancora resistere alla caduta nel precipizio e persino fare un passo indietro. In questo caso sono da considerare punti chiave sia la sfida in Puglia tra Poli Bortone, sostenuta da Belusconi, e Schittulli, sostenuto dal fuoriuscito Fitto, e inaspettatamente la sfida ligure. Se infatti Forza Italia mostrasse ancora, nella regione dello scissionista Fitto che ne fu pure presidente, una capacita’ attrattiva nonostante tutto superiore a quella dell’ex-enfant prodige ridarebbe a Berlusconi un minimo di fiato indicandolo ancora come dominus dell’area. Se a questo poi si sommasse l’inaspettata ma possibile vittoria di Toti in Liguria, l’idea di ricostruire un partito di centrodestra attorno a figure atipiche ma tutto sommato rassicuranti e slegate in varia misura dalla vecchia nomenclatura come quelle di Toti e Caldoro potrebbe prendere corpo limitando il ruolo del’esuberante Salvini.
Riassumendo, dando per scontato il drastico ridimensionamento di Forza Italia in Veneto e nelle regioni rosse a scapito di Lega e liste civiche, Silvio Berlusconi per cantare vittoria dovrebbe assistere all’elezione di Caldoro e Toti con la Poli Bortone che supera Schittulli in Puglia. La sola riconferma di Stefano Caldoro unita a buoni risultati di Toti e Poli Bortone si configurerebbe come uno scenario di non-sconfitta. Qualora invece il partito di Silvio Berlusconi mancasse tutti e tre gli obiettivi sarebbe senza alcun dubbio una sconfitta pesantissima dalla quale sarebbe difficilissimo, se non impossibile, rialzarsi.
Lega Nord
La Lega ha il compito più facile e sembra destinata a una altrettanto facile vittoria. La riconferma di Zaia, nonostante l’ennesima scissione di Tosi, sembra dai sondaggi il risultato più scontato di questa tornata elettorale e quindi al buon Salvini per cantare vittoria basterà mantenere, al netto delle liste civiche di appoggio ai candidati presidente, percentuali regionali in linea con quella espressa dai sondaggi nazionali. Quindi il 13% in Liguria, il 6% in Toscana e il 35% in Veneto (dove pero’ bisognerà fare la tara con la Lista Zaia)
Partito Democratico
Il discorso per il PD e’ abbastanza complesso e occorre affrontarlo su due livelli, quello dei presidenti di regione e quello del risultato del partito. Cominciamo coi presidenti di regione: in questa tornata elettorale il PD ha 5 presidenti uscenti, ergo se il risultato finisse 4-3 come auspicato qualche giorno fa da Matteo Renzi non sarebbe certo una vittoria, anzi!, visto che fino a qualche mese fa sembrava addirittura possibile un 7-0. Anche una conferma del 5-2 con la cessione della Liguria e la conquista della Campania si potrebbe considerare una piccola vittoria, ma certo aprirebbe una discussione interna al partito sullo spostamento al centro della politica governativa. Nulla che Renzi non sia in grado di risolvere senza eccessivi problemi, ma di questo parleremo più avanti. Un occhio occorrerebbe darlo anche alle regioni rosse. Toscana Marche e Umbria tutto sommato sono state poco sondate perché ritenute “sicure” per il PD, tuttavia anche qui potrebbero esserci sorprese in caso di affluenza molto bassa, se infatti il presidente uscente toscano Rossi non raggiungerà il 50% tuttavia difficilmente scenderà sotto il 40%, soglia al disotto della quale scatterebbe un secondo turno dagli esiti evidentemente assolutamente imprevedibili in una regione che ha già consegnato Livorno ai 5 Stelle. Anche in Umbria il distacco nei sondaggi di 4/5 punti percentuali sul sindaco di Assisi Ricci non garantisce alla candidata del PD Catiuscia Marini di dormire sonni tranquilli. Comunque riassumendo: 7-0/6-1 chiara vittoria per il PD, 5-2 risultato problematico, 4-3 sconfitta.
Un secondo livello di lettura, quello del risultato del partito, e’ sicuramente difficoltoso a causa della presenza delle liste civiche a sostegno dei candidati presidenti che mascherano in qualche modo il risultato reale. Tuttavia sono 4 i punti da tenere sotto controllo per il PD. Il primo e’ la capacita’ di sfondamento del partito renziano nell’ultimo ventre molle (assieme alla Lombardia) del centrodestra nostrano. La Moretti e’ infatti la più renziana dei candidati presidente del PD e se complessivamente il dato del PD e delle civiche collegate non supererà il 33% significherà che non avrà approfittato della liquefazione di Forza Italia e che alla fine l’elettorato di centrodestra che diede a Renzi la sfolgorante vittoria delle Europee e’ ancora diffidente e titubante e al premier fiorentino preferisce ancora candidati di destra se presentabili e riconoscibili.
Il secondo punto da tenere sotto controllo e’ la tenuta del partito in Liguria dopo la scissione civatiana. Alle primarie del 2013 la mozione del deputato brianzolo colse in regione un buon 18% e considerato che il risultato ligure del PD e’ parecchio allineato al risultato nazionale, e che adesso i sondaggi accreditano il PD di un buon 36% se la Paita perdesse più del 6/7% significherebbe che la scissione avrebbe intaccato seriamente il bacino elettorale del partito e non potrebbe essere liquidata facilmente con due parole.
Il terzo punto e’ la tenuta del Partito Democratico nelle regioni rosse. Il rischio e’ che, sebbene in assenza di una chiara alternativa che coaguli il voto delle frange insoddisfatte dalla politica renziana e dalla gestione locale, si potrebbe comunque assistere a uno sfarinamento sulla falasriga di quello che e’ successo in Emilia Romagna e dagli esiti al momento forse controllabili ma in prospettiva imprevedibili. Insomma bisogna capire se il PD in affanno va a vincere per assenza di reali avversari oppure se sono vittorie piene, senza ombre. Le percentuali da tenere sotto controllo sono Toscana 50%, Marche 40%, Umbria 43%
Il quarto punto e’ il risultato in Puglia in cui occorrerebbe verificare se il PD diverrà primo partito della regione e se il suo risultato sara’ uguale o inferiore alla somma dei vari partiti di centrodestra.
Ovviamente queste problematiche sarebbero facilmente gestibili dalla segreteria Renzi in caso di vittoria, anzi darebbero spunto per una azione di “messa in ordine” del partito, sarebbero meno gestibili in caso di sconfitte perché potrebbero ridare fiato alle minoranze interne.
Possibile
Sebbene sia sempre azzardato proiettare risultati locali a livello nazionale tuttavia vale la pena spendere qualche parola sulla situazione ligure perché dopo l’abbandono del PD da parte di Giuseppe Civati la regione e’ diventata una sorta di laboratorio per l’iniziativa politica del deputato brianzolo. La situazione non e’ delle migliori, sia perché la valenza politica della candidatura Pastorino e’ apparsa solo in corso d’opera sia perché a sinistra c’e’ un proliferare di candidature fuoriuscite dall’esperienza della lista l’Altra Europa. A spanne possiamo dire che il consenso di Pastorino si basa su 2 colonne: i fuoriusciti del PD e la vecchia SEL. Come ho scritto prima l’area civatiana alle primarie 2013 prese il 18% in Liguria, equivalente a un 6/7% di voti cui occorre sommare un 2/3% di provenienza SEL. Tenendo presente che per la sinistra il dato ligure storicamente e’ in linea con quello nazionale raggiungere il 10%, la doppia cifra, sarebbe un ottimo risultato mostrando capacita’ di attrazione da parte di questa operazione politica in linea o superiori all’area di provenienza, ed e’ appunto quella soglia il discrimine tra una buona e una falsa partenza per il progetto politico “Possibile”.