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Le Primarie, quel gran genio di Letta (Enrico) e il PD


Scusate se torno su questa faccenda delle primarie a Palermo, ma la comparsata di ieri sera di Letta a 8 e mezzo, mi ha ricordato lo stato comatoso della classe dirigente del PD che sembra incapace di fare un’analisi seria, che sia una, delle primarie.

Dunque ieri Letta sosteneva che la vittoria di Ferrandelli a Palermo per 150 voti – ripeto centocinquanta voti a Palermo – sulla Borsellino certificasse la voglia e direi la necessita’ dell’elettorato piddino di una coalizione montiana coi centristi. Poco importa se gli altri due candidati piddini alle primarie di Palermo, portatori di altre istanze politiche,  abbiano totalizzato il 60% e passa dei voti. Poco importa se nelle maggiori città italiane Milano, Genova, Napoli, gli elettori del centrosinistra hanno dato il loro voto a candidati, poi eletti, portatori di istanze anche radicali di sinistra.

No, per Letta, l’epifania di Monti manda all’aria tutto questo, adesso il popolo italiano, gli elettori del centrosinistra vogliono i candidati moderati, vogliono l’abbraccio con Casini, e magari perché no anche con Alfano, sempre nel nome delle riforme.

Tutto questo Letta lo deduce da 150 voti, a Palermo. Ripeto  centocinquanta voti a Palermo.

A sto punto ci sonno tre possibilità

1) Enrico Letta e’ un genio della politica e io un pirla. Letta e’ un genio perché in quei 150 voti coglie un mutamento profondo del paese, di cui solo lui e pochi altri si sono accorti, mentre io, che sono l’ultimo dei pirla, in quei 150 voti vedo solo una dirigenza incapace di comprendere i meccanismi delle primarie, e quindi incapace di parlare coi propri elettori, che ormai li votano con un rituale stanco, prossimi allo sfinimento

2) Enrico Letta non ha capito nulla di quello che e’ successo e che succede in questo paese crede che Ferrandelli sia effettivamente la Primizia del Nuovo Centro Di La’ Da Venire prendendo il risultato di Palermo, estrapolandolo dal contesto, e adattandolo alle sue idee

3) Enrico Letta sa benissimo che la vittoria di un semisconosciuto consigliere comunale, che a 31 anni ha gia’ cambiato numerose casacche, per 150 voti nelle primarie di Palermo non significa assolutamente nulla se non che andando alle primarie come una armata brancaleone capita che escano risultati “inaspettati”, tuttavia facendo esercizio di disonesta’ intellettuale usa questo argomento nella sottile polemica interna contro il segretario del suo partito allo scopo di defenestrarlo e spianare la strada ad un accordo con l’UDC e forse il PDL alle prossime elezioni.

Onestamente io tenderei ad escludere la prima ipotesi, se non altro perche’ se uno e’ un genio non e’ che appalesa queste qualità all’improvviso dopo 20 anni che fa politica, e quindi sono indeciso tra la 2 e la 3.

E dunque dopo 10 anni siamo ancora al grido disperato di Moretti, lui si’ un genio, che aveva capito tutto, mentre io mi illudevo ancora.

 

 

Le primarie, Bersani e il PD


Molto brevemente il gruppo dirigente del PD non ama le primarie, ne’ le capisce e tanto meno capisce e, peggio ancora, si sforza di capire gli attuali meccanismi del consenso che gli sfuggono da due lati: quello della rete – che per loro e’ assolutamente alieno- e quello locale – sul quale si “limitano” a non aver nessun controllo ne’ conoscenza approfondita. E lasciatemelo dire questo aspetto mi pare persino più grave del primo data la provenienza culturale di tale gruppo dirigente.

Ora nelle realtà medio-piccole, dove magari e’ più forte il radicamento del partito e meno peso hanno le nuove tecnologie, questi meccanismi rimangono più o meno sotto controllo, ma nelle grandi città (Napoli, Genova, Palermo, Milano, Firenze) questo non e’ possibile, da cui i risultati a sorpresa, magari anche contraddittori, con ad esempio a Milano un PD sconfitto alle primarie ma praticamente primo partito in città.

Per cui si, alla fine il problema non e’ il (solo) Bersani, ma tutto il gruppo dirigente del PD, eletto guardacaso dai soli iscritti, i.e. massima espressione dell’apparato, che non riesce a capacitarsi del perché la’ dove ci sia necessita’ di una scelta importante gli elettori non li seguono. E non si capacitano perche’ non si rendono conto che l’apparato di partito e’ ormai una cosa a se’ stante rispetto alla società italiana e loro ne sono l’espressione.